giovedì 15 dicembre 2011

As-salat - la preghiera



La preghiera o orazione è il secondo pilastro su cui si fonda l’Islam ed è ben chiaramente definita nelle sue modalità di esecuzione e nei suoi orari. 
Ci sono cinque orazioni (salawat) quotidiane.
Al mattino, appena si inizia ad intravedere la luce, è il tempo della preghiera dell’alba (fajr) che termina con l’inizio del levarsi del sole.
La seconda orazione è quella del mezzogiorno (dhohr) il cui tempo comincia appena il sole ha raggiunto il culmine della giornata e la fine coincide con l’inizio della preghiera del pomeriggio (asr) che termina quando il sole diventa rosso e volge al tramonto.
Non appena il sole è scomparso sotto l’orizzonte è il tempo della preghiera del maghrib (tramonto).
Circa un’ora e mezza dopo si ha l’orazione della sera (aishà) che conclude il ciclo.
Ogni orazione consta di unità adorative (rakà). Ogni rakà è composta di gesti e recitazioni obbligatorie. 
Dopo la formulazione dell’intenzione (niyya) il credente guardando in direzione della Mecca (qibla) pronuncia il takbir ( Allahu Akbar), a questo punto inizia la prima rakà
1 - restando nella stessa posizione si recita a la sura Aprente
2 - si piega il corpo in avanti in modo tale che le mani arrivino all’altezza delle ginocchia, facendo una specie d’inchino (rukù)
3 - si ritorna nella posizione iniziale.
4 - comincia a questo punto la prosternazione durante la quale, prima le ginocchia , poi le mani, la fronte ed il naso devono toccare terra (sujud).
5 - si ritorna in ginocchio con le mani sulle cosce.
6 - ci si avvia a una nuova prosternazione e con questa termina la prima rakà.
Per ogni posizione ci sono varie preghiere da recitare al termine delle quali il credente recita il “tashahhud”, una particolare orazione nella quale ribadisce la sua fede nell’unità di Dio e nella missione profetica di Muhammad (Maometto).
L’orazione dell’alba è composta da due unità adorative, quella del tramonto di tre e le altre tre orazioni obbligatorie richiedono quattro unità ciascuna.
Se il credente è a casa sua , sceglie un angolo pulito e prega generalmente su un tappeto o una stuoia. In moschea la liturgia non cambia , ma le direttive vengono date a voce alta dall’Imam, colui che conduce la preghiera. Il musulmano può pregare anche in ufficio, per strada o dovunque si trovi. Ognuna delle cinque preghiere è codificata da una liturgia che comprende sia il piano individuale che quello collettivo.
La preghiera obbligatoria è messa in moto dall’adhan, ossia il richiamo fatto dal muezzin, colui che invita alla preghiera dall’alto del minareto. Qualche tempo dopo la prima chiamata alla preghiera , il muezzin procede a una seconda chiamata. A questo punto il fedele che nel frattempo ha fatto le abluzioni si appresta ad effettuare il rito della preghiera vera e propria. 
L’abluzione, simbolo del ritorno dell’uomo alla primitiva purezza, deve precedere la preghiera e l’ingresso alla moschea; si fa con acqua, o nel caso non ci fosse, con sabbia o terra pulita, secondo un rituale minuziosamente prestabilito.
Il venerdì è il “giorno dell’adunanza” e tutti i musulmani si recano in moschea per la preghiera del mezzogiorno.

domenica 20 novembre 2011

Mondo cinema: " Mille mesi"


Titolo Originale: Mille mois
Anno: 2003
Regia: Faouzi Bensaidi
Sceneggiatura: Suha Arraf, Eran Riklis
Interpreti: Foauad Labied, Nezha Rahil, Mohamed Majd.



Presentato al festival di Cannes nel 2003 nella sezione “Un Certain Regard”, vincitore del premio “Le Premier Regard” e “Prix de la Jeunesse”, "Mille mesi" è l’opera prima del regista, attore e sceneggiatore marocchino Faouzi Bensaidi già conosciuto come co-sceneggiatore del film "Lontano" di André Téchiné.  
Il film esplora il periodo della repressione intellettuale degli anni ’80, aspetto poco conosciuto della storia del Marocco. Si svolge in un villaggio nel cuore della zona montuosa dell’Atlante, durante il mese di  Ramadan.
Il piccolo Medhi, sette anni,  si trasferisce con sua madre Amina a casa del nonno, ma la vita nel villaggio è molto dura, soprattutto per la siccità. Suo padre, un attivista comunista, è in prigione per motivi politici, ma Medhi lo crede emigrato in Francia per lavoro.  A scuola, il maestro gli conferisce "l'onore" di custodire e portare ogni mattina la sua sedia,  fatto che suscita la gelosia dei compagni. Attraverso questo oggetto il bambino instaura e vive i rapporti con gli altri e con il mondo, ma il fragile equilibrio rischia ogni giorno di andare in frantumi. Nel frattempo, intorno a lui, il villaggio continua vivere la propria quotidianità fatta di povertà, preghiera e pettegolezzi amorosi. 
E' un film particolare e in un certo senso,  sperimentale. Inizia con una visione molto realistica, focalizzata sul ragazzo e sulla sua famiglia per poi allargare la prospettiva all'intero villaggio, raccontata in modo quasi surreale.
"Mille mesi" è la 27esima notte di Ramadan quella dove inizia il digiuno dei bambini, dove si pensa di essere protetti ma vengono rivelate le debolezze. E' anche una varietà di vite, quella di un ragazzo, di una famiglia, di un villaggio, di un paese in una sottile miscela di tragico e comico, sacro e profano, un film che lascia il posto ai personaggi, al loro ambiente e all'immaginazione dello spettatore.
Per quanto riguarda gli attori, il regista ha voluto che recitassero sia professionisti  che gli abitanti stessi del villaggio, ritenendo questo mix più stimolante sia per gli uni che per gli altri.


venerdì 4 novembre 2011

Aid al-Adha in Senegal


Dakar - Tabaski
La “festa del sacrificio”, Eid al-Adha per tutto il mondo arabo, assume in Senegal il nome di “Tabaski”o anche “Eid al-Kabir” ( “festa grande”) secondo il nome arabo. E’ la festa della convivialità e dell'offerta, in occasione della quale ogni padre di famiglia commemora il sacrificio di Abramo immolando a sua volta un animale, generalmente un montone, lo prepara accompagnandolo con riso bianco e lo offre a parenti, amici e, in generale, a tutte le persone che bussano alla porta salutando con un caloroso "assalam-aleikoum". L’acquisto di un montone  diventa, in questo periodo, l’ossessione di ogni senegalese adulto: trascorrere la Tabaski senza montone è un disonore e una mancanza di responsabilità nei confronti della propria moglie (o delle mogli) e dei figli. Le donne acquistano abiti nuovi, colorano piedi e mani con l'henné, ripuliscono per bene le case cambiando,se ne hanno la possibilità, anche le tende e i tessuti d’arredo. Tutto deve essere perfettamente pulito e splendente e gli abiti nuovi servono per presentarsi a Dio con un abbigliamento adeguato in questi giorni di festa.
Dakar, la capitale, è la città che più risente di questi preparativi. Già una settimana prima i grandi viali ospitano centinaia di animali di tutte le taglie e prezzi; i pastori, arrivati dai villaggi, passano le giornate e le notti a contrattare, vendere e tenere puliti i montoni, questo è infatti il momento dell'anno in cui si concretizzano mesi di allevamento e transumanza.
Dakar è una città congestionata in ogni mese dell’anno, ma in questi giorni di festa, il traffico  diventa veramente caotico. Si vedono file di montoni ai bordi e sulle strade che intralciano il passaggio delle automobili, animali legati nei portabagagli e bus stracolmi di bestie, posizionate nei posti più impensabili, con le teste infilate nei grandi sacchi di riso. Anche se forse un pò meno freneticamente, tutte le città del Senegal vivono questo periodo con grande eccitazione. Molti nei villaggi si apprestano a riabbracciare figli e parenti che per tutto l'anno lavorano in città o all'estero e che in quest’occasione tornano a casa per condividere con la famiglia  un evento tanto importante. La festa inizia al mattino con la preghiera in moschea, poi nel momento i cui i padri delle famiglie rientrano a casa e si apprestano a uccidere il montone, è impressionante ascoltare l'improvviso silenzio che segue quei minuti. Poi tutto riprende. I bambini corrono vicino alle griglie aspettando di ricevere il primo piatto dalle mani delle donne della casa, i quartieri si riempiono di grandi piatti di metallo che passano di casa in casa in segno di amicizia, si porta il cibo alle famiglie meno abbienti e ci si scambiano gli auguri in wolof . Giunta la sera si ritrova un po’ di tranquillità e gli uomini si scambiano l'augurio di "dewenati", di ritrovarsi in pace anche il prossimo anno alla Tabaski. La festa si protrae per due giorni.






sabato 15 ottobre 2011

La leggenda di Haroot e Maroot


Mashad - Santuario Imam Reza

Tanto tempo fa, dopo la morte di Adamo, il genere umano ricadde nel peccato e gli angeli ne furono profondamente indignati. Sapendo che la terra era munifica, pensavano che vivere nel rispetto delle leggi del Signore fosse semplice come pescare nelle acque del Golfo, ma ovunque posavano lo sguardo, vedevano esseri umani che rubavano, che mentivano, che imbrogliavano e che ammazzavano i loro simili. Decisero così di dimostrare a tutto il genere umano come vivere vite rette e integerrime. Scelsero due tra di loro; Haroot e Maroot, esseri sapienti dotati di arti magiche e li inviarono sulla terra, per dimostrare che essi avrebbero saputo facilmente astenersi dai peccati comuni fra gli uomini: idolatria, violenza, intemperanza e soprattutto le tentazioni della carne. Nel giro di pochi istanti Haroot e Maroot assunsero forme umane e si materializzarono nella città di Mashad, ritrovandosi nel cortile del luogo più sacro di tutta la Persia, il Santuario dell’Imam Reza. Tra tutti i pellegrini presenti, videro una donna bellissima, Al-Zuhra, splendente come una stella e trovandosi esposti, nella loro forma umana,  a tutte le tentazioni degli uomini, immediatamente la desiderarono. Grazie alle loro arti magiche riuscirono a conquistarla e in cambio della promessa di un suo bacio  furono disposti a rivelarle le parole necessarie per  avvicinarsi a Dio. Quando udì le parole magiche, la mente di Al-Zuhra si riempì di quel suono maestoso  ed il suo corpo divenne fresco e leggero come l’aria. Tutti i suoi desideri furono esauditi  e in un solo istante si trasformò in un pianeta della terza sfera (Venere) risplendente di luce pura.
Haroot e Maroot si accorsero, nel frattempo, di  essere  spiati da un uomo e per paura di essere denunciati,  lo uccisero. Capirono allora che non erano stati capaci di resistere alle tentazioni, proprio come i peggiori tra gli uomini. Per punizione furono trasportati altrove e si ritrovarono sospesi per le caviglie in un pozzo profondo con  le teste rivolte verso l’acqua. Di giorno il sole batteva spaccando loro le labbra e bruciando le piante dei piedi. Con la gola secca e riarsa fissavano l’acqua fresca senza riuscire mai a raggiungerla. Di notte tremavano per il freddo. A volte quando le stelle erano posizionate nel modo giusto nel cielo, riuscivano a vedere la stella di  Al-Zuhra , la amavano, la desideravano, condannati ad una infelicità infinita.


domenica 25 settembre 2011

Gli ksour e le kasbeh marocchine

Kasbah di Ait Benhaddou

Nell'Alto Atlante, nelle valli del Dades, del Dra e del Tafilat, i berberi hanno costruito nel bel mezzo delle oasi e dei campi coltivati, ksour fortificati  e kasbeh opulenti ed eleganti. L'origine e l'età di questi castelli di terra cruda continuano a rappresentare un mistero: di sicuro la loro origine risale ad un passato lontano, quando i contadini scampavano agli assalti delle tribù nemiche mettendosi al riparo di queste spesse muraglie. Nei secoli, gli ksour del Grande Sud  marocchino, hanno risposto al bisogno delle collettività rurali di condividere risorse e mezzi di difesa.
Lo Ksar ( ksour o ksur al plurale) è un villaggio fortificato composto generalmente da granai ed abitazioni; si erge su colline o altopiani, vicino ad oasi o corsi d'acqua. Lo separa dal mondo esterno una cinta di mura senza interruzioni né aperture, munita di torri angolari. Un'unica porta, al centro di uno dei lati, consente l'accesso all'interno. Le case di terra si innalzano addossate le une alle altre e gli abitanti si spostano lungo un passaggio centrale intersecato da tortuose e strette stradine al riparo dal caldo e dal freddo.
La kasbah, invece, è l'antica dimora patriarcale, un tempo residenza dei grandi caid berberi, gli amministratori locali che vi risiedevano nell'ntervallo tra una spedizione e l'altra di guerra. I muri sono leggermenti inclinati verso l'interno e nella parte superiore mostrano solo alcune feritoie decorate sobriamente. In ciascun angolo si ergono eleganti torri traforate da archi, scavate da nicchie, alveoli e motivi romboidali o sormontate da puntoni.
A nord-ovest di Ouarzazate,  nel  villaggio di  Ait Benhaddou, tipico esempio di ksar,  si trovano runite varie kasbeh maestose dicharate Patrimonio architettonico mondiale e costituiscono uno dei luoghi più suggestivi del Marocco.
Per la sua bellezza e particolarità, Ait Benhaddou è stata scelta come set cinematrografico per molti film, tra i più celebri : Jesù di Nazareth, Il Gioiello del Nilo, Il Lume dell’Intelletto, L’Ultima Tentazione di Cristo e per passare ai più recenti : La Mummia, Il Gladiatore e Alexander.


Granaio nell'Alto Atlante

lunedì 12 settembre 2011

Kabul

Kabul 1960

Kabul è arroccata strategicamente su un altopiano ai piedi delle montagne ad una altezza di circa 1800 metri sul livello del mare. La sua collocazione scaturisce dalla necessità di protezione dei suoi primi abitanti che si insediarono dunque in prossimità di queste montagne altissime e nelle vicinanze di un fiume per poter inoltre usufruire di acqua corrente.Molte leggende si sono succedute sull'origine del nome Kabul. Una di queste dice che la città fu fondata da Caino ed Abele, figli di Adamo ed Eva. Secondo questa leggenda il nome di Kabul era formato dalla prima sillaba di Caino e dalla seconda di Abele. Secondo un'altra leggenda invece il suo nome deriva dal materiale utilizzato per consentire l'attraversamento del fiume da una parte all'altra ("Kah" che vuol dire "stuoia" e "pul" che significa "ponte"). 

domenica 28 agosto 2011

Le buone regole del Eid



Quando il Profeta Maometto giunse a Medina, gli abitanti di questa città avevano due celebrazioni che risalivano a prima dell’avvento dell’Islam, durante le quali si organizzavano sfilate e feste. Allora Maometto disse: “Invece di questi due giorni, Allah ha scelto due altri giorni, che sono migliori, quelli di Eid al-Fitr e di Eid al-Adha.Ogni nazione ha le sue feste e queste sono le vostre.”
Le regole del giorno del Eid
1. Vietato digiunare sia il giorno della rottura del digiuno che il giorno della Festa del Sacrificio ( Eid –al Adha)
2. Partecipazione alla preghiera : alcuni studiosi (Hanafiti) ritengono che la preghiera del Eid è obbligatoria. Altri (Hanabaliti) affermano che è sufficiente che preghi una parte della comunità mentre l’altra è esonerata. Un terzo gruppo di studiosi (Malikiti e Shafeiti) è convinto che la preghiera del Eid è fortemente raccomandata.
3. Esecuzione delle preghiere supererogatorie (volontarie): non ci sono preghiere supererogatorie da eseguire prima o dopo la preghiera del Eid. Ciò si applica quando la preghiera viene eseguita all’aperto. Tuttavia, se la preghiera del Eid viene eseguita in una moschea, allora si dovrebbe svolgere la preghiera di saluto della moschea. 
4. Le donne partecipano alla preghiera del Eid: secondo la Sunna del Profeta, tutti devono partecipare alla preghiera del Eid e comportarsi con onestà e pietà.
Le buone maniere del Eid
1. Fare un bagno rituale (Ghusl) prima di andare alla preghiera. 
2. Mangiare prima di uscire: non si deve raggiungere il luogo di preghiera il giorno di Eid al-Fitr senza aver mangiato qualcosa. Un hadith riportato da Al-Bukhari dice: “Il Messaggero di Allah non è uscito mai la mattina del Eid al-Fitr, senza aver mangiato qualche dattero e mangiava un numero dispari. “Per quanto riguarda l’Eid al-Adha, si raccomanda di non mangiare prima della fine della preghiera, quando si tratta di mangiare la carne del sacrificio.
3. Pronunciare il Takbir ( Allahu Akbar ) il giorno del Eid: una delle più importanti azioni raccomandate in quel giorno
4. Felicitarsi reciprocamente : i musulmani si scambiano gli auguri, ad esempio,  “taqabbal-Allahu Minna wa minkum” (che Allah accetti le nostre buone azioni e le vostre). 
5.Indossare gli abiti migliori 
6.Cambiare strada di ritorno dal luogo di preghiera.

domenica 14 agosto 2011

Fairouz فيروز


Fairouz è la più celebre cantante libanese conosciuta fino ad ora. Il suo nome in arabo significa turchese, ma è anche nota con il soprannome di “nostra ambasciatrice presso le stelle” (safiratna ila al-nugum). Fairouz rappresenta insieme alla cantante egiziana Umm Kalthoum il nome di maggior rilievo della musica araba nel ventesimo secolo. Nata il 21 novembre 1935 a Jabal el Arz col nome di Nouhad Haddad Fairouz e cresciuta nell'ambiente culturale libanese a Beirut, si distingue come interprete radiofonica sin dalla giovane età. Agli inizi del 1960 è già una delle principali attrazioni del rinomato Festival annuale di Baalbeck e una celebrità non solo in Libano, ma in tutto il mondo arabo. Durante la maggior parte della sua carriera di cantante, Fairouz fa parte di un gruppo composto da tre membri, tra cui i due fratelli Rahbani: Mansour scrive i testi e  Assi compone e arrangia le melodie. Negli ultimi anni è anche emerso il talento, come compositore,di Ziad Rahbani, figlio di Fairouz. Il sodalizio affettivo e artistico con Assi Rahbani, poi divenuto suo marito, e col cognato Mansour ha portato a un'ampia produzione musicale, inizialmente molto influenzata dalla musica  americana, in cui le doti vocali di Fairouz (caratterizzate da un timbro assai particolare) vengono messe particolarmente in risalto. Da quarant’anni, Fairouz colpisce al cuore il pubblico arabo cantando di libertà, giustizia e amore. Ha commosso milioni di persone e regalato speranze ai libanesi nei giorni più bui della guerra civile. I testi delle sue canzoni includono romantiche storie d'amore (talora contrastate, talora a lieto fine) e argomenti di carattere patriottico nei quali si esprime la nostalgia per la vita rurale e l'amore per il proprio paese. Per quanto manchino fonti attendibili che permettano un adeguato riscontro, si ritiene che Fairouz abbia venduto oltre cinquanta milioni di copie dei suoi album nel corso della propria carriera. La diffusione di centinaia di canzoni, e vari film a cui ha partecipato ha ampliato il suo pubblico includendo gli arabi che vivono in Europa e nelle Americhe. Indifferente ai suoi 75 anni, la cantante libanese è ancora in attività. 



lunedì 1 agosto 2011

Ramadan: il mese sacro.


Ramadan è il  nono mese del calendario lunare islamico. E’ il mese del digiuno. Al Ghazali (teologo, filosofo e mistico persiano) disse che l’astensione si applica a tre livelli. Il primo è quello del corpo, comporta l’astinenza dal cibo, dall’acqua e dal sesso dalla prima luce dell’alba fino al tramonto del sole. Il secondo è quello della mente, che viene costretta ad astenersi dai peccati dell’udito, della vista e della parola. Il terzo è quello del cuore e si realizza con l’astensione da tutte le preoccupazioni della vita terrena, da ogni pensiero che non sia il Ricordo di Allah. L’opinione occidentale si ferma spesso solo all’apparenza e ritiene che il Ramadan sia un mese di grande festa e bagordi notturni, ma questo è solo l’aspetto più superficiale mentre si presuppone invece una grande attenzione alla pratica religiosa, alla lettura del Corano, alla meditazione , alla carità, allo studio della scienza di Allah e alla mortificazione delle passioni terrene. Durante il mese di Ramadan venne rivelato il Corano, si combatté la battaglia di Badr (nel 624, 2° anno dell'Egira) al termine della quale i musulmani sbaragliarono un’armata di pagani  di molto superiore numericamente e si realizzò l’ingresso vittorioso dei credenti alla Mecca.


Buon Ramadan a tutti i musulmani

martedì 5 luglio 2011

I nomi arabi


Un aneddoto racconta che, un inviato mamelucco declinando la sua identità ad un principe mongolo, si sentì rispondere: "Voi altri, avete almeno tre nomi ognuno, per far credere di essere numerosi!".
Infatti, nella società araba tradizionale ciascun individuo è distinto da un insieme di nomi che determinano con precisione la sua identità. Il "nome proprio", ricevuto alla nascita, è solo il primo degli elementi costitutivi del suo nome. Le parole bint (figlia di) o ibn (figlio di), possono essere inclusi per indicare il tipo di parentela. Ad esempio, una ragazza di nome Haifa bint Abdullah Al-Ashari sarà Haifa, figlia di Abdullah (nome del padre), della tribù o famiglia chiamata Al-Ashari.
I principali elementi del nome sono:
Il nome proprio (ism), come'Alî, Fâtimah ……
Il nome di paternità (kunya): composto dalla parola abû (padre) o umm (madre) seguito dal nome del primogenito: Abû-l-Hasan (il padre di Hasan), Umm Salama (la madre di Salama). Il nome di una figlia è menzionato solo raramente nella kunya.
Il nome di filiazione (nisba), indicante l'appartenenza tribale o il luogo di origine, di soggiorno o di decesso (città, regione, paese); per esempio: at-Tirmidhî (originario della città di Tirmidh). Una stessa persona può avere più di una nisba: al-Qushayrî an-Nîsâbûrî (della tribù di Qushayr e della città di Nishapûr).
Il soprannome (laqab), che può essere onorifico, legato alla religione o al potere (es.: 'Imâd ad-Dîn = il Pilastro della Religione). L'Islam vieta di imporre nomi o soprannomi peggiorativi, empi o ridicoli. 
A questi elementi si può ancora aggiungere la designazione del rito religioso, ad esempio: al-Mâlikî (della scuola giuridica malikita); oppure l'indicazione del mestiere esercitato:Farîd ad-Dîn 'Attâr (= il profumiere).
Si ricorda che il nome completo del Profeta è: Abû-l-Qâsim (kunya) Muhammad (ism) ibn 'Abd-Allah ibn 'Abd al-Muttalib (nasab) al-Hâshimî (nisba).
Il fatto di portare una kunya è visto come un segno di onorabilità, di rispetto o di affetto. Chiamare una donna con la sua kunya, piuttosto che col nome proprio, significa rispettare la sua intimità, onorandola al tempo stesso in quanto madre.
Purtroppo, oggi il nome di filiazione (nasab) e il nome di paternità (kunya) sono sempre meno utilizzati, anche negli stessi paesi arabi. L'uso di un semplice nome proprio seguito dal cognome, si va generalizzando negli "stati moderni", nel tentativo di uniformare gli individui.
Un'altra usanza copiata dall'occidente consiste nel prendere, da parte della sposa, il cognome del marito. Nell'Islam la donna conserva la sua identità di nascita per tutta la vita, sia per preservare le sue origini che per salvaguardare il suo statuto personale.
E' per questo motivo che l'adozione (tabanni) non è riconosciuta dall'Islam. L'orfano gode nel diritto islamico di una protezione particolare, tuttavia non è equiparato al figlio biologico, e non gli viene imposto il nome della famiglia che lo accoglie, perché questo cancellerebbe le sue origini, e denaturerebbe la sua identità.
E 'vietato nell'Islam dare al proprio figlio un nome disonorevole. I nomi consigliati sono quelli che denotano il culto di Allah.
Dare un nome che abbia un senso significa indicare al neonato una direzione, un ideale da raggiungere. Ad esempio un bambino di nome Karîm (nobile e generoso) saprà che, nella sua essenza, vi sono queste qualità e cercherà di mostrarsene degno.
      Il nome del convertito
La conversione all'Islam è considerata come una nuova nascita, quindi l'adozione di un nuovo nome è un atto naturale. La nuova identità, data dal nome arabo scelto, viene utilizzata soprattutto all'interno della Ummah, mentre per la "burocrazia" del proprio paese rimane in uso il nome precedente. Il nome può essere scelto dal convertito stesso oppure può essere suggerito da qualcuno che è stato spiritualmente vicino al convertito. Si può scegliere un nome arabo che abbia una corrispondenza di senso con l'originale (Nûrah per Lucia; Karîma per Adele = nobile), oppure in funzione del suono (Safiyya per Sofia, Farîd per Alfredo). Naturalmente si può scegliere anche un nome assolutamente diverso da quello di nascita.

sabato 18 giugno 2011

Il Cairo:"Umm el Dounia", la madre del mondo.


Il Cairo, che gli arabi chiamano “Umm el Dounia” (la madre del mondo), è la capitale più antica del mondo. Pare che esistesse ancora prima della costruzione delle piramidi. Nel 3000 a.C. circa, il primo faraone di un Egitto noto come “Le due terre”, (Basso e Alto Egitto), re Narmer (chiamato anche Menes) fondò la prima capitale del paese, 15 km a sud dell’attuale città del Cairo. La chiamò “Ineb Hedj”, il Muro Bianco, passata alla storia come Memphis. Oggi l’antica Memphis praticamente non esiste più; scomparsa quasi del tutto sotto uno spesso strato di limo trasportato da secoli di inondazioni del Nilo e a causa del saccheggio e della distruzione da parte dei cristiani dopo l’Editto di Teodosio I (379-95) il papa bizantino che ordinò la chiusura di tutti i templi “pagani” in Egitto. Il colpo di grazia arrivò poi nel 641 AD con l’invasione araba capeggiata dal generale Amr Ibn el Ass che conquistò i Romani in Egitto e stabilì i confini di una nuova città cui diede il nome di Fustat, oggi nota come “Vecchia Cairo”. Fustat prosperò, grazie alle pesanti tasse imposte sulla navigazione del Nilo e al commercio di carovane di merci in arrivo dall’est, fino a quando nel X secolo, arrivarono dalla Tunisia i Fatimidi, diventando i nuovi governanti.  Questi rinnegarono Fustat e fondarono una nuova città. Secondo la leggenda, gli astrologi che calcolarono l’oroscopo per la nuova città osservarono la nascita del pianeta Marte, Al Qāhir in arabo (“Il Vittorioso”) e di conseguenza la città prese il nome di Al Qāhira. Il nome al-Qāhira è ancora in uso in Egitto, ma gli Europei lo trasformarono in “Cairo”. Oggi il Cairo è una enorme metropoli con oltre 18 milioni di abitanti, centinaia di moschee e chiese, oltre a palazzi orientali, il museo di antichità più grande del mondo e i maggiori bazar orientali.



lunedì 30 maggio 2011

Marocco in festa : i moussem



Innumerevoli sono le feste che scandiscono le stagioni in Marocco; da nord a sud, ogni anno,  si celebrano  tra i sei e i settecento moussem, grandi raduni popolari che riuniscono pellegrini e viandanti. I moussem possono protrarsi per una settimana, durare pochi giorni o in certi casi esaurirsi in una giornata. Alcuni conservano il loro carattere strettamente religioso come le feste dell’Eid, altri hanno fama soprattutto per il suq, le fantasie o l’animazione. Con la Festa delle rose, in primavera, si celebra la raccolta dei fiori che crescono spontanei a migliaia nella regione di El Kelaa M'Gouna. Sullo sfondo di tappeti variopinti e di enormi rose di carta, ragazze dai capelli intrecciati con fili di lana multicolori danzano al ritmo del bandir, il tamburo della tradizione. La Festa delle ciliegie a Sefrou in estate, dei datteri a Erfoud in autunno, dei mandorli a Tafraoute e del miele a Immouzer des Ida Outanane sono  occasioni per riunire gruppi di musicisti e danzatori abbigliati nei più sfolgoranti abiti tradizionali. I moussem hanno rappresentato a lungo, momenti di scambio tra le diverse regioni. Ancora oggi il "moussem delle nozze" che si tiene nei pressi di Imilchil raduna, ogni anno, le tribù Hit Haddidou disperse sugli altipiani dell’Atlante. Durante questa festa si firmano “gli atti di fidanzamento” ossia le promesse di matrimonio tra i giovani e nell’ immenso suq i partecipanti colgono l’occasione per fare provviste e rinnovare bestiame e utensili prima dell’arrivo dell’inverno quando la neve isolerà la vallata per lunghi mesi.
Venditori e compratori di cammelli si ritrovano in estate a Guelmin per tre giorni, nel gigantesco mercato dei cammelli; qui, le danzatrici di guedra, inginocchiate e ricoperte di drappeggi, ondeggiano agitando le dita ornate di henné al ritmo di una musica sincopata , fino allo sfinimento. In occasione delle abbaglianti fantasie berbere (che si tengono su un campo delimitato lungo circa 200 metri) squadre di cavalieri allineati si lanciano all’assalto in un assordante scalpiccio di zoccoli. I partecipanti, tutti vestiti di bianco, fanno volteggiare i fucili in aria con una mano, al di sopra delle loro teste. A qualche metro dall’arrivo il capo grida un brusco comando e tutti i “moukhala” (vecchi fucili a polvere da sparo) vengono scaricati in aria in un’ unica fragorosa detonazione. Un secco colpo di redini fa arrestare i cavalli. Il buon esito di una fantasia dipende dalla precisa disposizione dei partecipanti e dalla simultaneità delle mosse.
Le feste familiari sono legate alle tappe importanti del ciclo della vita, come la nascita, la circoncisione e il matrimonio.
Non si deve dimenticare poi, la festa civile più importante in Marocco e cioè la “ Festa del Trono”. Ogni anno, il 30 luglio,  si celebra l’anniversario dell’ascesa al potere del re Mohammed VI. Durante il regno di questo sovrano, la festa fu istituita per celebrare l’indipendenza da poco riacquistata, ancora oggi si festeggia con cortei, danze ricevimenti e fuochi d’artificio.
Il calendario dei festival del Marocco
Festa dei mandorli – Tafraout – Febbraio
Festa delle Rose – El Kelaa M’Gouna – Maggio
Festa dei Ceri – Salè – Maggio
Festival delle Musiche Sacre – Fès – Maggio
Sinfonia del Deserto – Ouarzazate – Giugno
Festa delle Ciliegie – Sèfrou – Giugno
Festival delle Arti Popolari – Marrakech – Giugno
Festa del Cammello – Guelmin – Luglio
Festival culturale d’Asilah – Agosto
Festa dei Fidanzati – Imilchil – Settembre
Festa del Cavallo – Tissa (Fès) – Settembre
Festa dei Datteri – Erfoud – Ottobre
Festival d’Agadir – Dicembre
Moussem più importanti
Moussem Moulay Abdallah – El Jadida – Agosto
Moussem Moulay Idriss a Zerhoun (vicino a Meknès) – Agosto

mercoledì 11 maggio 2011

La Moschea


Con il termine “moschea” si definisce nel mondo islamico, ogni luogo destinato alla preghiera. La parola araba “masjid”, da cui deriva quella italiana, significa letteralmente “ luogo di prostrazione”. La prima moschea venne costruita da Maometto. La storia narra che appena il Profeta  arrivò a  Medina, dove si rifugiò per fuggire dai suoi concittadini Meccani che lo volevano uccidere, fece iniziare la costruzione della moschea che divenne il centro dell'attività sociale, politica e religiosa. In questo luogo, infatti, i primi musulmani potevano riunirsi non solo per pregare, ma anche per discutere e trattare i loro affari e in generale per organizzare tutta la parte civile della loro vita.  Questa prima moschea, costruita in mattoni d'argilla con  il tetto in foglie di palma e con una pietra che indicava la direzione della preghiera,  rappresentò  lo schema di riferimento per la costruzione di tutte le moschee del mondo che ancora oggi sono il centro dell'intera vita della comunità nelle quali si trovano. Ci sono due principali tipi di moschee, le jama'a e le masjid. Le jama'a,dove  si tiene la preghiera del venerdì, che è per i musulmani,  la principale ricorrenza religiosa settimanale, sono spesso riccamente adornate, mentre  le masjid sono solitamente più semplici e piccole, ma per entrambe  la loro costruzione deve rispettare regole ben precise. Nel cortile a cielo aperto cinto da portici, il fedele compie le abluzioni rituali presso fontane di acqua corrente. Un lato del cortile dà sulla sala di preghiera, di forma rettangolare allungata, suddivisa in più navate  sostenute da numerose colonne. Essa è assolutamente priva di qualsiasi arredamento all'infuori dei  tappeti, che ricoprono il pavimento. Inserita nel muro orientato verso la Mecca troviamo il mihrab, una nicchia semicircolare molto decorata che indica la qibla ovvero l’esatta direzione in cui si deve rivolgere la preghiera. Alla sua  destra , c'è quasi sempre il minbar ,un piccolo pulpito, cui si accede attraverso dei gradini, ed è il luogo dal quale l'Imam guida la preghiera e altresì quello dal quale il predicatore(khatib), pronuncia il sermone  khutba ( o hutba),  spesso trasmesso all’esterno per mezzo di altoparlanti. Decorazioni in mosaico, marmo colorato, metallo o legno scolpito, abbelliscono le moschee, ma sono  rigorosamente vietate le raffigurazione di uomini e animali, perché solo Allah può infondere ad essi "la vita". All’ esterno dell’ edificio, si innalza il minareto, al –manarah ( torre lucente ), una torre che   sovrasta la moschea, la rende riconoscibile anche da lontano e  che serve al muezzin per il richiamo alla preghiera ( salat) cinque volte al giorno . Ogni moschea deve avere almeno un minareto, ma  può averne anche due o più, fino a un massimo di sei,  l'unica eccezione e' la Moschea alla Mecca che ne ha sette. Il muezzin è l’ incaricato di effettuare il richiamo (adhan) per la preghiera.  Il primo muezzin della storia fu  Bilal Habashi,  uno schiavo etiope liberato, convertito all’Islam , scelto dallo stesso Profeta per la voce bella e melodiosa. Bilal fu così il primo a salmodiare quello che tutti oggi conoscono come il canto del muezzin. 
Ecco il canto del muezzin:
Dio e' il piu' grande (4 volte). (Allahu akbar) 
Sono testimone che non vi e' alcun dio all'infuori di Iddio (2x). (Ashhadu an la ilaha ill-Allah) 
Sono testimone che Muhammad e' il Profeta di Allah (2x). (Ashhadu anna Muhammadan Rasalu-Llah) 
Affrettatevi alla preghiera (2x). (Hayya ‘ala s-salah) 
Affrettatevi al successo (2x). (Hayya ‘ala l-falah) 
Dio e' il piu' grande (2x). (Allahu akbar) 
Non vi e' alcun dio all'infuori di Iddio. (La ilaha ill-Allah)


domenica 17 aprile 2011

Mondo cinema: "La sposa siriana"

Titolo Originale: The syrian bride
Anno: 2004
Regia: Eran Riklis
Sceneggiatura: Suha Arraf, Eran Riklis
Interpreti: Hiam Abbas, Makram J. Khoury, Ashraf Barhoum, Eyad Sheety


Il Golan, che è una piccola striscia di terra (meno di duemila Kmq) tra il lago Tiberiade e il monte Hermon,  è sempre stato fin dall'antichità un punto nevralgico di passaggio trovandosi sulla via carovaniera che portava da Gerusalemme a Damasco e per le sue abbondanti fonti idriche  , centro di continue contese. L'offensiva israeliana del 1967 aveva tolto alla Siria le alture di questa zona e quando nel ’73 la Siria di Hafez Assad, padre dell’attuale presidente, tentò di riprenderne il controllo, il risultato del conflitto fu l’annessione da parte di Israele dell’intera regione (1982), abitata ancora da alcune decine di migliaia di arabi (in prevalenza drusi) che ricevettero così la cittadinanza israeliana. Il  regime siriano non ha mai riconosciuto lo stato di fatto (il confine è sotto il controllo delle truppe dell'ONU) e la regione è in stato permanente di pace armata.
È in questo contesto che il regista ambienta “La sposa siriana”
Mona è infatti una ragazza che vive a Majdal Shams sulle alture del Golan siriano, sta per sposare Tallel, popolare attore di sit-com siriane, che vive a Damasco e che lei conosce soltanto sul teleschermo . Per salutarla sono arrivati da lontano due fratelli e tutto il paese è in festa: per lei invece, il giorno delle nozze è uno struggente lungo addio perché sa che  una volta varcato il confine Israele – siriano non potrà più tornare indietro né rivedere i suoi cari. Un imprevisto burocratico rende ancora più complicata una storia già assurda....


venerdì 25 marzo 2011

"La piazza metà del mondo" di Esfahan



La Piazza Imam Khomeini, chiamata ufficialmente Meydan Naqsh-e Jahān (ovvero "Piazza Metà del Mondo") con i suoi 8 ettari abbondanti, pari a 2 volte la Piazza Rossa di Mosca, è una delle piazze urbane più grandi del mondo. Fu costruita oltre 300 anni or sono (ai tempi si chiamava  Meydan-e Shah "Piazza dello Scià")  come campo da polo, dal decadente scià Abbas che poteva così seguire la partita dal balcone del suo palazzo. Lo scià aveva anche un harem con donne bellissime e un gruppo di musicisti per intrattenerlo durante il tempo libero, ma fare il musicista nell’harem non era scelta facile dato che comportava evirazione e cecità. Due volte l’anno, nel gran bazar di Esfahan, che è lungo ben 4 km e mezzo e la cui entrata è situata su un lato della piazza, veniva proibito l’accesso agli uomini per permettere alle donne dell’harem dello scià di fare acquisti al riparo da occhi indiscreti.. .. In quei tre giorni, la gestione delle botteghe veniva affidata  alle mogli e alle figlie dei mercanti, e tutte le donne , le venditrici come le clienti, avevano il permesso di circolare nel bazar senza i loro pesanti chador. Su questa piazza si affacciano anche la Moschea dell’Imam, la Moschea delle Donne e la Moschea del Venerdì, ma di questo parleremo un’altra volta...

domenica 6 marzo 2011

Zellij



Gli zellij sono i tasselli di ceramica multicolore che tappezzano i muri dei palazzi, delle moschee e delle madrase, pavimentano i cortili, rivestono le colonne e i pilastri delle gallerie, sottolineano i contorni delle fontane. Questo rivestimento ceramico protegge i muri dall'umidità e tiene fresche le stanze in estate. Benchè utilizzati in tutto il mondo musulmano, in Marocco godono di una notevole importanza. A partire dal quadrato, dal rombo, dal triangolo, sapienti composizioni geometriche, delineano rosoni, semicerchi, intrecci di linee, poligoni stellati, scacchiere, fregi a fioroni, infatti  essendo vietato ai musulmani la raffigurazione delle persone, queste composizioni si avvalgono di  figure geometriche astratte, dai colori variegati e ben assortiti. La loro disposizione segue criteri di simmetria e movimento e tende a generare illusioni ottiche. 
Il minuzioso assemblaggio dei tasselli di terracotta smaltata, richiede all'artigiano anni e anni di apprendistato tecnico, buona memoria e uno spiccato senso del disegno da realizzare. A ogni forma di zellij corrispondono un colore e un nome specifici. Sui quadratini smaltati grezzi, l'artigiano traccia i contorni delle varie forme aiutandosi con sagome; poi con un martello affilato ai lati, sgrossa tutti i pezzetti. Gli zellij vengono messi assieme come i tasselli di un puzzle, con la parte smaltata verso il basso; una volta composto il motivo, vengono cosparsi di gesso e cemento,  incollati tra loro e infine il pannello viene fissato al muro.





venerdì 11 febbraio 2011

Iran - Il matrimonio temporaneo (sigheh)


Il «matrimonio temporaneo» (in farsi sigheh) è una pratica propria dell'islam sciita. E' un contratto di matrimonio in cui i contraenti stabiliscono la durata che può variare «da un minuto a 99 anni». In questo caso, l’uomo (sposato o no), e la donna non sposata (vergine, divorziata o vedova) possono concordare la durata del rapporto e l'importo della compensazione da versare alla donna. Questa disposizione non richiede testimoni e non richiede alcuna registrazione. Un uomo può avere un numero illimitato di sigheh e contemporaneamente può avere anche uno o più ( fino a quattro ) matrimoni permanenti, mentre la donna  può essere coinvolta solo in un matrimonio e al termine non ne può contrarre uno nuovo prima di un periodo di attesa (edda) di tre mesi o di due cicli mestruali. Questo periodo obbligatorio di attesa si applica anche alle donne divorziate nel matrimonio permanente ed è destinato a determinare la paternità nel caso in cui la donna dovesse rimanere incinta. Per le donne è sempre meglio un matrimonio in piena regola e per molte il sigheh è un compromesso nella speranza di trasformare questa unione in un contratto a tempo indeterminato, infatti il sigheh è rinnovabile. La condizioni di moglie temporanea è in genere tenuta nascosta agli estranei soprattutto tra i ceti più popolari, dove le tradizioni sono più radicate.  Il matrimonio temporaneo garantisce maggiori libertà alla donna: “vive a casa propria, esce senza chiedere il permesso e può lavorare, ma deve essere disponibile quando il marito la cerca”. Negli anni passati erano soprattutto motivi finanziari che spingevano la donna ad accettare il sigheh, ai nostri giorni, il matrimonio temporaneo viene utilizzato dai giovani per raggirare tutti i divieti delle leggi islamiche iraniane sui rapporti tra i ragazzi e ragazze.

Differenze dal matrimonio permanente

Caratteristica imprescindibile del sigheh è la stipulazione di un contratto in cui viene fissata la durata e i termini dell’unione.
Per far si che il matrimonio temporaneo sia valido è necessario stabilire un mahr , cioè una quantità di denaro, proprietà o gioielli che il marito deve donare alla sposa. Il matrimonio permanente è valido anche senza mahr.
Non esiste il divorzio. Tra gli  sciiti il divorzio è visto come un processo complesso che coinvolge mediatori e un periodo volto a dare alla coppia la possibilità di conciliare. Ciò non è necessario nel sigheh, dal momento che il matrimonio non finisce a causa di disarmonia, ma a causa della scadenza del contratto. 
Il marito può invalidare  il sigheh prima di quanto concordato. In tal caso deve versare l’intero compenso alla donna se hanno avuto rapporti sessuali, in caso contrario dovrà versare solo la metà dell’importo. 
I coniugi non sono eredi l’uno dall’altro, ma i figli nati dal matrimonio ereditano da entrambi i genitori, avendo davanti alla legge gli stessi diritti dei figli nati da un matrimonio permanente. 
Il marito è finanziariamente responsabile di eventuali bambini derivanti dal matrimonio anche se molte volte questa regola non viene rispettata.
La moglie può uscire di casa senza chiedere il permesso al marito e non è obbligata ad obbedirgli.
Il marito può non farsi carico delle spese della moglie. 
Il marito può sposare un’altra donna 
Le mogli non possono essere più di quattro, ma dato che il marito non è tenuto a sostenere la moglie, e il matrimonio non è permanente, le circostanze che determinano la limitazione di non avere più di quattro mogli, non si applica. Tuttavia, molti studiosi sciiti hanno stabilito che non si può avere più di quattro mogli temporanee.

domenica 16 gennaio 2011

La leggenda della Moschea di Bibi Khanum e la nascita del chador


La Moschea di Bibi Khanum tutta blu e turchese, è la più grande Moschea dell'Asia Centrale. Si trova a Samarcanda in Uzbekistan e  il suo nome sembra derivi da quello della moglie preferita di  Amir Temur (Tamerlano), il conquistatore più feroce della storia.  Sulla sua costruzione sono nate diverse leggende e una di queste la lega alla nascita del chador.

«Tamerlano voleva fare di Samarcanda la città più bella del mondo e, prima di partire per una nuova spedizione militare, ordinò che durante la sua assenza venisse costruito un grande complesso religioso con due moschee, una scuola coranica e un ostello per i pellegrini. Il tutto doveva essere fatto in onore della sua moglie preferita, una delle nove che aveva, una principessa mongola, appunto Bibi-Khanum.L’architetto incaricato della costruzione era un persiano della città di Mashad, come lo erano allora la maggior parte dei maestri e degli artigiani che lavoravano a Samarcanda. L’architetto si innamorò perdutamente di Bibi-Khanum e minacciò di non finire in tempo la costruzione se lei non gli avesse almeno permesso di darle un bacio su una guancia. Bibi-Khanum era assolutamente contraria a questa intimità e per toglierselo dai piedi offrì all’architetto spasimante le donne più belle della città. Ma quello insisteva. “Forse che un bicchiere di vino è come uno d’acqua?” le mandava a dire.Preoccupata che Tamerlano tornasse e che la costruzione a cui tanto teneva non fosse finita a causa dei ricatti dell’architetto, Bibi-Khanum finì per cedere alle sue voglie… e si lasciò baciare. Terribile errore! Quel bacio fu così focoso che sulla guancia di Bibi-Khanum rimase come una grande bruciatura. Così conciata non poteva certo presentarsi a Tamerlano! Bibi-Khanum ebbe allora un’idea brillante: si coprì la faccia con un velo e ordinò a tutte le donne della città di fare lo stesso.
Tornato a Samarcanda, Tamerlano non volle storie, tolse il velo alla moglie, vide quello scempio, si fece raccontare la verità e andò su tutte le furie. Ordinò che una parte della moschea, appena finita, fosse trasformata in una tomba e vi fece seppellire viva la moglie infedele. Poi mandò i suoi uomini a tagliare la testa al fedifrago. L’architetto però era andato a nascondersi in cima al minareto che aveva appena finito di costruire e, proprio mentre i soldati lo stavano per acchiappare, mise le ali e volò via, per tornare a casa sua nella città di Mashad. A Tamerlano non rimase che imporre a tutte le donne del suo regno di portare per sempre un velo sulla faccia. Da qui, secondo la leggenda, l’origine del chador». 

Tratta da "Buonanotte, signor Lenin"  di Tiziano Terzani (1992 )